Tra il 27 e il 30 settembre 1943 la città di Napoli fu protagonista della più importante insurrezione popolare dell’epoca fascista. Un vastissimo moto di liberazione che cacciò via dalla città, come un potente rigurgito, l’occupazione tedesca; l’ultima, insostenibile violazione seguita all’armistizio dell’8 settembre dello stesso anno.

Quattro giornate di lotta estenuante che scoppiarono in modo inevitabile dopo l’ennesimo proclama del Comando Militare Germanico con cui si annunciava che la mancata presentazione al servizio obbligatorio di lavoro sarebbe stato punito con fucilazioni sommarie.

Non restava altro che lottare, lottare fino alla morte per la libertà di tutti.

Così, con quell’enfasi indelebile, il popolo urlò la sua sovranità e che quel grido ancora echeggia tra le strade della città, tra i vicoli che furono teatro della battaglia corpo a corpo riuscendo nell’intento di far svettare il vessillo della libertà sulle macerie di una guerra inutile.

Le forze alleate, che entrarono in città il 1° ottobre 1943, trovarono una città già liberata.

Dunque è proprio questo il punto in cui si snoda la nostra ramificazione nella linea del tempo.

Un esito differente della rivolta del popolo avrebbe potuto complicare l’avanzata degli alleati o addirittura arrestarla, modificando di conseguenza il successivo evolversi della storia.